Testo di Rossella Caleca, Foto di Nuccia Cammara, Editing di Myra Muse
Avrò per me una stanza senza il mare. Mi lascerò cadere nel silenzio sparso nell’aria, e crederò d’essere un altro corpo, nato nel fresco di un altro letto.
Per quanto mi ricordi sono sempre stata qui, col mare accanto; era nelle notti calme una lingua residente nel cuscino insinuata tra i capelli; un fragore rotolante, d’inverno dietro imposte precarie; lo chiudevo fuori prima di dormire per segnare confini, al mattino. Ora i giorni mi girano intorno in cerchi stretti ma le ore si aprono per me: stenderò uno spazio bianco dove posare il volto di donna terrana per sentire il peso degli occhi pieni delle vite degli altri quelli abbagliati dalla notte come insetti persi nelle correnti e risputati dalle tempeste fuori dagli abissi dove mai sono stata.
Nel vuoto, mi lascerò ascoltare la lava che sale per la gola spuma di un mare di parole ricacciato indietro, onde risalenti, gonfie di vite segrete; nessuno sa che lo voglio questo mare sospeso, desiderio aspro come un urlo di cicale scoppiate dentro, per non disturbare, nessuno sa che lo canterò roca come voce che annuncia l’arrivo della pioggia nel deserto.
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